A quattordici anni scrisse in un quaderno: “Voglio essere Chateaubriand
o nulla”. Ma fu molto di più. Era un gigante e la sua produzione
letteraria e poetica spicca per quantità e qualità. Flaubert disse
di lui: “È una forza della natura. Ci ha insegnato a scrivere a
tutti. Chi più chi meno, siamo tutti suoi scolari”. La grandissima
produzione, oltre quarantacinque grossi volumi, testimonia l’enorme
lavoro di questo grande “grafomane” che scriveva dalle sei di
mattina (d’estate dalle cinque) fino a notte tarda e, anche a letto,
prima di chiudere gli occhi, tracciavagli ultimi appunti su un foglio, la frase finale per un’ode o
un discorso. Trovava il tempo per scrivere lettere a tutti: a madameJuliette Drouet, la donna che amò di più,scriveva ogni mattina, pur vedendola ogni pomeriggio, e
ricevette da lei 25.000 lettere in cinquant’anni, quasi 500
all’anno. Aveva uno stomaco d’acciaio e mangiava, anzi divorava,
grandissime quantità di cibo, esprimendo la propria sensualità anche
come amatore “...la prima notte di matrimonio, aveva 20 anni, trionfò
nove volte sulla sua tenera vittima”. Ciò va letto senz’altro in
rapporto all’accoppiata Scorpione (Ascendente)-Pesci (Sole, congiunto
a Venere e a Plutone). Amò moltissime donne, per tutta la vita:
cameriere, attricette, poetesse, figlie e nipoti di amici scrittori. Non
risparmiò nessuna. A 75 anni suonati nonrispettòneanche
Sarah Bernhardt che uscendo malconcia dalla sua abitazione disse a
un’amica che l’interrogava: “Ho appena ricevuta l’unghiata del
leone!”.Qualche anno
prima non fece onore neanche all’amicizia con il collega Teofilo
Gautier e sedusse sua figlia diciannovenne, giovane sposa di Catullo
Mendés. Era, come si diceva, un uomo dagli appetiti fortissimi e la sua
libido si espresse principalmente in tre direzioni: scrivere (Marte in
terza Casa), mangiare e farel’amore,
a dismisura (valori Pesci-Scorpione di fortissima sensualità ed erotismo).
I suoi libri più belli furono anche autobiografici, in parte, ed
uno in particolare i lettori dovrebbero leggere o rileggere, forse il più
bel romanzo di tutta la letteratura mondiale di tutti i tempi: “I
miserabili”. Uno strepitoso successo letterario che lo rese
milionario, negli ultimi anni di vita, e che racchiude tutto
l’universo pescino: dolore, passioni, prove, croci e sacrifici,
ospedali, miseria, abiezione, redenzione, fede, bontà, umanità. C’è
tutto in quelle circa 1400 pagine che ogn’uno dovrebbe conoscere,
tutte le valenze del segno dei Pesci: dalle fogne di Parigi, ai grossi
topi che assalivano gli sfortunati visitatori delle stesse, alle
terribili galere del diciannovesimo secolo, all’evangelica e
commovente bontà del vescovo di Myriel, alla redenzione del galeotto
Jean Valjean, alla sua eterna persecuzione da parte dello scorpionico
poliziotto Javert che si ucciderà in seguito al suo unico atto di
bontà seguito ad una vita di odio e di feroce ostilità verso i miserabili.
Non occorre essere credenti per commuoversi leggendo le pagine di quello
che potremmo definire il più grande capolavoro romanzesco di tutti i
tempi. Personaggi come il sindaco Madeleine, angelo dei poveri e dei
derelitti, o i feroci Ternadier oil
generoso monello parigino Gavroche, si scolpiscono nel nostro cuore per
segnarvi, indelebilmente, delle emozioni che sono superiori alla
retorica che pure un cinico lettore potrebbe scorgere in queste pagine,
se decidesse di leggerle con premeditata freddezza. Un particolare
interessante della storia di questo libro fu che la sua uscita, molto
pubblicizzatain America
e Francia, dove il testo fu venduto in contemporanea il 15 maggio 1862,
fu assai ritardata rispetto al previsto ed ai giornalisti che
tempestavano l’editore di domande, questi rispose che la colpa era
tutta del fatto che i tipografi, componendo le pagine, s’erano messi
a leggere il romanzo e commuovendosi badavano di più a seguire il
racconto che a procedere con il lavoro. Davanti alla libreria di New
York dove fu messo in vendita in contemporanea a Parigi, come già
detto, sin dalle sei di mattina di quel giorno si formò una lunghissima
fila di persone che presero immediatamente d’assalto le prime 40.000
copie messe in vendita! Questo grande successo arricchì Victor Hugo in
vecchiaia, dopo una vita agiata e talvolta assai povera, come ci
dice la Luna in Sagittario nella seconda Casa, in cattivi aspetti col
Medio Cielo e con Mercurio. Egli fu, infatti, al centro di continui alti
e bassi finanziari ed il suo rapporto col denaro risentì anch’esso
dell’influenza selenica: alternava periodi di grande avarizia a
giorni di altrettanta generosità verso i poveri e soprattutto verso gli
esiliati politici come lui.
La patria e la casa ebbero una grandissima importanza nella sua
vita. Fu dapprima monarchico convinto e appoggiò il suo realismo con la
penna e con le azioni, ma poi cambiò completamente idee e divenne
repubblicano, cosa che gli costò un lunghissimo esilio di 19 anni, a
partire dal 1851,dopo i
fatti sconvolgenti del ‘48. E “I miserabili” sono, inun certo senso, figli del ‘48 perché nacquero dalla necessità
che il grande Poeta-Scrittore avvertì di condannare un aspetto
disumano di quegli anni: la società negava la redenzione dei galeotti e
li voleva perduti a vita, sepolti per l’umanità,confinati per sempre in un girone infernale che in quegli anni
erano le galere di stato.
I valori di quarta Casa si espressero altrettanto potentemente
per il nostro che adorava passare giornate, mesi e anni interi
“sepolto” nella sua casa, nella sua stanza, a scrivere, come una
macchina alimentata a carbone il cui braccio-stantuffo non aveva mai
pausa alcuna: non pensava mai più di cinque minuti ai soggetti dei suoi
romanzi e sfornava, di getto, decine e decine di pagine al giorno.
Cambiò molti domicili, nel suo errare per l’Europa, scacciato
da vari Paesi e, pur morendo milionario, non ebbe mai una casa propria.
Il dolore più grande della sua vita, che lo portò vicino al suicidio,
fu quando scoprì che la giovane moglie Adele Foucher lo tradiva con uno
dei suoi migliori amici. Successivamente avrebbe scritto: “Tutti i
grandi uomini, Bonaparte compreso, furono ingannati ed io pure”. Lui
cominciò a tradire la moglie quando gli fu vietato di dormire con lei
per mettere un freno alle troppe gravidanze che le procurava. Era, come
si è detto, un vulcano in eruzione, in amore, e ciò lo si deve
certamente all’insieme dei valori Pesci-Scorpione con l’aggiunta
della dominante Marte.
La sua grande bontà, di ispirazione religiosa, gli veniva
certamente dalla triplice congiunzione Sole-Venere-Plutone, nei Pesci,
in quarta Casa. Invitava, una volta alla settimana, i bambini poveri a
pranzo e faceva anche in modo di perdere al gioco per favorire i poeti
sfortunati, pur essendo parecchio avaro e tenendo sempre uno scrupoloso
registro delle entrate e delle uscite (I Pesci sono disordinatissimi in
mille cose e assai ordinati in altre: costellano sempre la parola
ordine, per sé stessa o per l’opposto di sé stessa). La sua
appartenenza al dodicesimo segno dello zodiaco è da intercettare,
anche, a nostro avviso, nella sua grande, grandissima, passione per
l’oceano. Sapeva tutto sul mare e ne “I lavoratori del mare” c’è
un trattato scientifico completo sulla fauna, sulla flora e sui fenomeni
fisici legati ad esso. Ma egli fu enciclopedico in tutto: la sua cultura
era smisurata. Di qualunque cosa scriveva sapeva tutto. Arturo
Lancellotti che ha scritto una completissima biografia sul personaggio,
mette in risalto come egli, pur non essendo architetto, scrisse un
“trattato” di architettura nel romanzo “Nostra Signora di
Parigi” (valori Cancro) e uno di sociologia ne “I miserabili”
(valori Pesci) nonché uno di storia ne “L’uomo che ride”.
Talvolta era esageratamente prolisso e succedeva che, se il personaggio
del suo romanzo si apprestava ad entrare nelle fogne di Parigi, egli
faceva una parentesi di decine e decine di pagine narrando la storia
delle stesse, la corrispondente struttura suburbana, i progetti
municipali futuri che la riguardavano, eccetera.
Ma ogni pagina della sua prosa e della sua poesia furono un
capolavoro. Il già citato Lancellotti ha scritto di lui: “Elegiaco,
epico, drammatico, satirico, non ha una filosofiapropria ma ha portato nell’arte le più alte preoccupazioni
della coscienza”. Pailleron gli dedicò un suo dramma: “A Victor
Hugo, oceano”. Quest’uomo che non prese mai la laurea fu paragonato,
da Carducci, a Dante, Eschilo, Milton... Era stato un bambino prodigio:
a soli nove anni era già in grado di leggere e commentare Tacito.
Ancora ragazzo pubblicò le sue prime opere e vinse numerosi premi
letterari. Appassionava talmente i suoi lettori che uno di questi, un
giorno, ricevuto dal Poeta, per discutere de “I miserabili” e
ricevendo negazione, dal suo interlocutore, circa dei significatichecredeva di aver
intuito nel romanzo, gli gridò inferocito: “Hugo, voi non capite
nulla di questo libro!”.
Le grandi tragedie dei personaggi dei suoi libri furono anche le
stesse della sua vita. Un fratello gli morì in manicomio come
successivamente avvenne per una delle sue figlie. La madre lo lasciò
orfano a 19 anni (il 27 giugno 1821). La sua amata figlia Leopoldina morì
giovanissima con il marito nell’affondamento di una nave e abbastanza
prematuramente morirono anche i due figli maschi. Astrologicamente ciò
si spiega con Mercurio, signore dell’ottava Casa, esiliato in quinta
ed in cattivi aspetti.
Tantissimi, come già detto, furono i suoi riferimenti col segno
zodiacale che non a caso rappresenta il malefico dodicesimo Settore
dell’oroscopo; dai luttiall’esilio,
dalla pazzia dei familiari all’enorme voracità,dalla fede grandissima in Dio (ma non nella Chiesa) al gusto per
il titanico, in tutte le sue espressioni (“...le cose che Victor Hugo
vede meglio e meglio dipinge sono le cose enormi, gigantesche, inumani,
mostruose”). Chi non ha provato grandissime emozioni alla lettura
delle mostruosità della gigantesca piovra de “I lavoratori del
mare” o del viso orribilmente trasfigurato di Gwynplaine ne
“L’uomo che ride”? Dei Pesci, in lui, c’era anche molta della
paranoia che spesso accompagna i nati in questi trenta gradi: tutti i
suoi personaggi muoiono nei romanzi e devono continuamente difendersi da
un mondo ostile, da un destino contrario, dalla ferocia della natura,della società e della superstizione: i tre grandi mostri a cui
dedicò la sua importante trilogia letteraria.
Egli fu anche disegnatore-pittore, politico, pari di Francia,
drammaturgo e tante altre cose. Visse intensissimamente fino al 22
maggio 1885. Se ne andò a 83 anni. Negli ultimi mesi il suo cuore
batteva ancora ardentemente e amò otto volte la sua ultima amante, una
cameriera. Con la penna si era fermato prima: due anni addietro, lo
stesso giorno in cui morì la sua adorata Juliette che condivise
cinquant’anni di gioie e di dolori, in patria e nell’esilio. Victor
Hugo ha vissuto, gran parte del suo secolo di cui è stato uno dei più
grandiosi interpreti e la sua vulcanica libido gli fece dire, qualche
tempo prima di morire: “La vita è troppo breve per concedere
all’uomo di realizzare tutto ciò che concepisce”.
Ciro
Discepolo
Tratto
da ASTRA o da SIRIO di molti, molti anni fa