Edizioni Ricerca ’90 | Enrico Caruso


Enrico Caruso

di Ciro Discepolo




Il suo primo canto, o il suo primo vagito, Carusiello, lo lanciò da un balconcino al primo piano del numero 7 di via San Giovannello agli Otto Colli, il 25 (e non il 27) febbraio del 1873, in una Napoli poverissima di cui ci sono rimasti ancora i dagherrotipi che ci mostrano scugnizzi scalzi e mal vestiti che mangiano, con le mani, due soldi di spaghetti venduti da ambulanti-cuochi quasi più poveri di loro. E la famiglia di Enrico Caruso, diciottesimo figlio di una coppia disgraziata, non stava né meglio né peggio di quel sottoproletariato sconfitto da sempre e ancora pieno di speranze nei miracoli, nei santi e nella Provvidenza.

Suo padre era fabbro e bevitore, nel senso che questa seconda attribuzione, pur non avendo le caratteristiche di una professione, lo distingueva completamente, rispetto agli altri, per il particolare che egli si beveva in alcool quei pochissimi soldi che sarebbero serviti alla famiglia numerosissima ed affamata. Nettuno congiunto a Venere, nella quarta Casa del cantante, ci spiega esaurientemente la presenza di un padre alcolizzato ed autoindulgente che metteva in cantiere un figlio dopo l'altro, schiacciato dalla miseria morale e materiale della sua condizione di povero ignorante.

La madre di Enrico viene segnalata più volte, nelle sue biografie, per essere "malata" e non si vede come potrebbe essere stato diversamente, partendo da quelle condizioni. Allora il successo, il grandissimo successo mondiale e storico, che ha travalicato gli spazi e le epoche, del nostro, trova una prima giustificazione in quel Marte in decima Casa, in Scorpione, trigono al Sole e a Mercurio: esso fu la forza della sua ribellione, l'altissimo bisogno di libertà e di emancipazione dalla miseria, dalla necessità. Quel Marte significò la potenza micidiale della sua voce, capace di spaccare i vetri delle finestre, la rabbia di un ragazzo che vuole sottrarsi, a tutti i costi, ad un destino di fame e di privazioni, che non vuole diventare un povero artigiano, come suo padre, costretto, per una vita intera, a battere il martello sul fuoco.

Conosco molte persone che con lo stesso Marte in decima Casa hanno gridato alto, si sono rivoltate contro il mondo, contro le convenzioni, hanno rivoluzionato la propria vita, compiendo gesti contenenti una carica di libertà inimmaginabile. Mi viene di pensare ad una giovane donna che, compressa tra il desiderio di far felice la famiglia sposandosi e "sistemandosi" e stimolata da una grandissima esigenza di emancipazione e di indipendenza, poche settimane prima delle nozze, non se la sentì e mandò tutto all'aria, tra la costernazione e l'ira generali, lasciando un uomo impietrito da quel gesto ed una famiglia ancora incredula per una simile scelta. Questa donna, che è - a mio avviso - un caso interessantissimo da studiare astrologicamente e che ha molte omologhe tra le nostre lettrici che pure hanno un Marte in Scorpione in decima Casa, in seguito ha replicato questa tendenza e, trovandosi nuovamente alle soglie di un legame che minacciava di schiacciarla o - più semplicemente - di castrarla o di limitarne la libertà, ha scelto nuovamente per il volo libero ed ha gettato alle ortiche un partito eccezionale, sotto molti punti di vista.

Io credo, per questo, che il mondo non avrebbe conosciuto il grande Caruso se questi non avesse avuto quell'imperioso Marte in decima Casa che lo fece ribellare ai codici di una schiavitù esistenziale fissata dalla più nera miseria che non ha bisogno di grandi censure per schiacciare gl'individui nella più squallida piattezza, senza offrire loro la possibilità di un riscatto. Negli acuti di Caruso non c'era la marzialità di un Massimo Ranieri, la rabbia, quasi, di voler lasciare il quartiere del Pallonetto Santa Lucia, ma la ferma determinazione di emergere, senz'alcuna alternativa possibile.

Ma perché il canto? Il canto, innanzitutto, per i forti valori di seconda Casa. Pensando a questo dobbiamo pensare a quante utilissime informazioni rinunciano i nostri colleghi tedeschi che fanno a meno delle Case. È interessante, a mio avviso, aprire una piccola parentesi, a carattere estremamente didattico e spiegare che di fronte al problema della impossibilità di domificare (erigere Case) per i nati al Polo Nord o al Polo Sud, gli americani si sono subito preoccupati ed hanno risolto l'inconveniente adottando, quasi sposando, il metodo di Koch (non sappiamo, poi, nella loro attività quanti oroscopi di esquimesi erigeranno), gettando alle ortiche o fingendo di dimenticarsi di centinaia e centinaia di anni di tradizione placidiana e fingendo anche di dimenticare che l'astrologia è nata sulla fascia mediterranea e non è detto che la stessa debba necessariamente funzionare anche per chi è nato oltre il sessantesimo parallelo nord o sud.

I tedeschi, a loro volta, in modo ancora più drastico, hanno pensato: esistono vari sistemi per erigere le Case? Allora sono sicuramente sbagliati tutti e noi li eliminiamo completamente e ci teniamo solo i quattro angoli del cielo. Ed ecco che l'oroscopo di Enrico Caruso, sotto gli occhi di un teutonico collega, a mio avviso, perde il novanta per cento della sua significatività. Sì perché, infatti, la presenza dei luminari e di Mercurio in seconda Casa è, a mio parere, la spiegazione principale del grossissimo interesse canoro del nostro. Avere forti valori di seconda Casa vuol dire avere forti valori in Toro e chi, tra i dodici segni, è l'ugola d'oro per eccellenza? Il Toro, appunto. Toro-voce e Toro-gola furono due binomi fondamentali nel destino del soggetto che sia artisticamente che patologicamente (fu operato nel 1909 per una laringite ipertrofica nodulare) fu caratterizzato da questa importante parte del corpo e della fisiologia della sua persona.

Naturalmente anche la bella congiunzione Venere-Nettuno, nella seconda parte della sua vita, ci parla del grandissimo successo ottenuto artisticamente e Venere, signora del Toro, ci ripropone ancora il binomio con la gola e con la voce.

La seconda Casa corrisponde anche alla capacità di fare soldi e Caruso, dopo una partenza drammatica, come abbiamo visto, e dopo una gavetta di molti anni come posteggiatore a pochi centesimi al giorno, trionfò al Metropolitan di New York dove tenne 607 recite di cui la prima per ben 1000 dollari dell'America di inizio secolo.

Egli fu sempre sensibile all'argomento denaro e - a parte le considerazioni e gli apprezzamenti che ci devono far scrivere di lui entusiasticamente sul versante artistico - dobbiamo registrare che Carusiello fu una grande macchina per produrre denaro.

Giove, meravigliosamente messo in ottava Casa, Casa economica per eccellenza, è un altro caposaldo di questo destino siffatto. Ma un peso importantissimo lo ebbe anche la sua fotogenia e perdonateci se nominiamo, ancora una volta, la nostra amica Lisa Morpurgo. Lei è una delle astrologhe più geniali di questo nostro secolo ed il suo valore non si limita ad aver scoperto una relazione importantissima tra la seconda Casa e l'immagine e tra il segno della Vergine e le mani. Il suo valore va ben oltre e, se anche non mi sento di condividere la base generale delle sue teorie, non mancherò mai di segnalare, con grande gioia, i tanti riscontri che quotidianamente mi riportano a riflettere sui suoi scritti.

Dunque Caruso, scuro con gli occhi scuri e dai baffi folti, aveva un fascino precisamente meridionale ed il suo "look" ebbe un ruolo importante nella sua ascesa sociale, tanto che girò anche due film importanti, il che non è affatto una cosa automatica per un uomo di successo che potrebbe anche essere fotogenicamente assai perdente.

Sull'indole e sul carattere di Enrico Caruso è stato scritto molto, ma ci sembra abbastanza significativo quanto nota il biografo Eugenio Gara in un saggio pubblicato da Cisalpino-Goliardica: "...quel ragazzo dagli umori mutevoli, dolce ma pronto allo scatto, puntiglioso ma col rancore scritto sull'acqua". Come non riconoscere una Luna in Aquario opposta ad Urano? I codici della ribellione, lo abbiamo già scritto, caratterizzarono fortemente il guaglione che però era quel che si suol dire "una pasta di pane", forse per quanto gli aveva insegnato la vita, in quella terribile palestra che era stata la sua infanzia e anche parte della sua giovinezza.

Caruso amò moltissimo una donna, il soprano Ada Giacchetti che conobbe nell'estate del 1897 e che gli diede undici anni d'amore oltre ad assicurargli la discendenza. Nettuno e Venere erano congiunti al Discendente radix e Giove transitava in ottava Casa (spessissimo questo transito ci parla di gratificazioni relative alla vita sessuale, anche se sappiamo bene che per i cantanti lirici questo è un argomento un po' tabù in quanto la voce è quella che registra subito eventuali defaillance fisiche e sregolatezze da attività alcoviche).

Il resto della vita, non lunghissima, del soggetto fu speso tra moltissimi successi, viaggi, altri amori e figli ed una grande passione per gli oggetti d'arte di cui il tenore divenne un grande collezionista. Quest'ultimo punto è da mettere in relazione, a mio avviso, con l'oralità non risolta che fu alla base dei suoi interessi canori ma anche dell'avidità che, appunto, si espresse soprattutto sotto forma di possesso di oggetti d'arte.

Da un punto di vista didattico l'oroscopo in questione si presta ancora ad una osservazione di rilievo: i valori in quarta Casa. Tutti quelli che mi seguono sanno bene che la quarta Casa ci dà delle indicazioni abbastanza precise sulla seconda parte della vita del soggetto, ma anche sul suo rapporto con la terra di origine. Ebbene, in un caso come questo, quando le indicazioni sono controverse, come si deve interpretare? La bellissima congiunzione Venere-Nettuno al Fondo del Cielo ci indicava, e così fu, una importante seconda parte della vita in senso artistico. Ma la cuspide della quarta Casa in Ariete? Beh, quella significò il cattivo ritorno a Napoli, al San Carlo, dopo molti anni di separazione, quando era già un grande cantante e quando prese tanti fischi che gli fecero giurare di non rimettere mai più piede in quella terra. La sorte, invece, volle che ci sarebbe morto. Come nelle parole della celeberrima canzone, egli tornò a Surriento che, nonostante il suo panorama incantevole e l'aria allora sottile e profumata, vide il suo rapidissimo aggravamento che lo fece trasportare d'urgenza all'hotel Vesuvio di Napoli dove spirò la mattina del 2 agosto 1921. Qualche mese prima, nella sua ultima rappresentazione pubblica, chiuse la famosa romanza della Marta con un rotondo fa sulla parola "morrò".

 

 

 

Ciro Discepolo

 

 

 

Tratto dal libro Ritratti di celebrità, edizioni Ricerca '90, 1991

 

 

 




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