Altri personaggi | Giacomo Casanova |
La vita di Casanova, estremamente
singolare e straordinaria, si può rapportare - analogicamente - al ritmo del
film L’impero dei sensi (1976), di Oshima Nagisa, che - a sua volta -
corrisponde a quello di un amplesso: crescente all’inizio, fortissimo nella
fase centrale, condannato a una irreversibile catabasi in chiusura. Il film del
regista giapponese, considerato qui come metafora dell’espressione libidica
del nostro, spiega come la vita di questo Ariete sia stata intensissima tra i
venti e i trent’anni e sia corrisposta poi a una lenta parabola discendente
nella maturità/vecchiaia, dove l’energia si è trasformata in aggressività e
il potere fallico si è esaurito in cento diatribe del quotidiano espresse nei
confronti della servitù (il Sole, come vedremo più avanti, è in sesta Casa).
Quest’uomo, dall’ipertrofia
genitale e libidica, fu soprattutto uno “stupratore”. Per lui possiamo dire
con Freud, pur essendo junghiani, che la sua era totalmente libidine,
energia psicosessuale: quando egli vedeva una donna provava un desiderio
irrefrenabile di possederla, di “stuprarla”, appunto: dopo di che il suo più
grande interesse mutava nella volontà di indennizzarla, in qualche maniera, e
di disfarsene.
La sua storia è fuori del comune
perché lui era fuori dell’ordinario e anche se fu un bugiardo, un truffatore,
un libertino, un ingannatore, un giocatore, un avventuriero e molte altre cose
ancora, la sua vita non si può restringere ad alcuno di questi ambiti, ma deve
necessariamente essere allargata a un universo di valenze eterogenee che ce lo
mostrano anche come un gentiluomo, un generoso, un uomo di cultura e di gusto,
uno dei più grandi letterati del suo tempo.
Secondo alcuni - come Carl Gassaner
che ha composto il testo teatrale Casanova al castello di Dux,
rappresentato qualche tempo fa dal Gruppo La Rocca di Bologna - egli si
sarebbe inventato tutto il suo incredibile passato, e secondo il Foscolo il
personaggio non sarebbe neanche esistito. Ma il più famoso veneziano di tutti i
tempi, insieme a Marco Polo, ha vissuto e ha lasciato segni profondi sul suo
cammino. Anche se i casanovisti hanno dimostrato che vi sono dei falsi nelle sue
memorie, lembi di ricordi obnubilati dalla inclemenza della senescenza che
nessuno risparmia, la sua vita è tutta lì a rappresentarci un secolo, una
civiltà, il mondo visto attraverso gli occhi di un uomo definibile in tanti
modi diversi.
Anche come uno “stronzone”,
secondo lo studioso di cinema Armando Papa, nel film di Fellini, una sorta di
caprone la cui ripetitività meccanica era assimilabile a quella di uno
stantuffo capace di fare su e giù, un uccello metallico con carillon, o
“un mostro di fisicità totale” secondo Alberto Moravia.
Secondo noi, Casanova rappresenta,
invece, molte cose insieme, come vedremo attraverso il suo oroscopo, ma
soprattutto, come si diceva prima, egli ha effigiato un grosso coito dal ritmo
accelerante e sostenuto all’inizio, fortissimo ed esplosivo al centro, e in
agonizzante contrazione alla fine.
Secondo quanto lui stesso ha
dichiarato, Giacomo Casanova nacque a Venezia il 2 aprile 1725. L’orario non
si conosce, ma da una ricostruzione speculativa proposta nel libro The
American book of charts, di Lois M. Rodden, si evince che egli vide la luce
per la prima volta alle 20 (ora solare).
Quest’orario ci convince molto,
anzi moltissimo. Il suo oroscopo viene così ad avere un Sole in VI,
l’Ascendente a circa 1° in Scorpione, uno straordinario stellium in Pesci, in
quinta Casa, e una dominante Urano che spiega l’enorme instabilità del suo
destino, gli alti e bassi della sua vita, le svolte drammatiche, i giri di boa
ad angolo retto, la sua originalità-eccentricità, l’enorme bisogno di libertà
che sempre ispirò le sue scelte, l’imprevedibilità di ogni sua decisione.
Da notare il suo Sole in sesta Casa
che lo faceva radere tre volte al giorno, vestire come un dandy e
mantenere, anche nei momenti più neri, un parrucchiere personale per offrire
sempre il look più splendente possibile di sé stesso. Lo stesso Sole in
VI che rappresentò un rapporto molto particolare con i domestici, che lo
abbandonarono e derubarono o che lo perseguitarono, con mille cattiverie e
perfidie quotidiane in vecchiaia.
Il primo luminare nella Casa
cosignificante della Vergine si spiegò anche con il suo grandissimo interesse
per la medicina, che voleva studiare da ragazzo e che praticò spessissimo da
adulto; con le diete che frequentemente s’imponeva e con l’esasperato senso
critico che fece di lui, al tramonto della vita, un vecchio brontolone
attaccabrighe.
Ci convince anche il suo Ascendente
Scorpione che, insieme ai valori Pesci/quinta Casa e Ariete, muove la sua
energia prevalentemente in direzione sessuale e giustifica le numerose gonorree
ed emorroidi che lo afflissero così come ci parla anche della sua vocazione
alla rivalsa: “...la mia passione dominante è sempre stata la vendetta”
(edizione Dall’Oglio della Storia della mia vita, 1946, pag. 558/II).
I forti valori Pesci,
Giove-Marte-Venere-Mercurio, tra la quarta e la quinta Casa, furono gli emblemi
della sua autoindulgenza, del suo godersi la vita: mangiava da re, a base di
decine di ostriche e selvaggina pregiata a ogni pasto, innaffiando il tutto con
fiumi di vini pregiatissimi.
Gran parte della sua vita si svolse
tra la tavola, le braccia delle donne e il tavolo da gioco. Dormiva pochissimo e
anche questo è molto Scorpione e le sue galoppate amatorie avevano del
fantastico.
Era insaziabile, al punto che quando
esagerava - e accadeva spesso - finiva con l’eiaculare sangue, cosa che
inorridiva le sue donne lasciando lui appagato e inorgoglito.
Amava con una intensità incredibile
e per periodi assai prolungati come quando propose a una sua amante che voleva
abortire la cura dell’aroph, un coito molto bizzarro da ripetere 5 o 6
volte al giorno, per molti giorni. Ma se la sua virilità era da Guinness dei
primati, non di meno lo era il fuoco sessuale delle sue donne, come nel caso
della giovane Elena: “...nel tempo ch’io impiegai per una sola, ella passò
quattordici volte dalla vita alla morte” (oper. cit., vol. II, pag. 300).
Il bilancio della sua vita
sessuale-amorosa ci parla di quasi duecento donne sedotte e di una mezza dozzina
di figli avuti e sparsi per l’Europa. Questo nonostante il fatto che,
com’egli stesso raccontava, usava senza risparmi i preservativi che erano
“...una recente invenzione inglese”.
Ma voler vedere Casanova nella sua
dimensione puramente atletica, di forzato del sesso, ci sembra riduttivo e
ingiusto.
Come hanno messo in rilievo grandi
studiosi del veneziano come Maynial, Zottoli, Kesten, Rives Childs, Bàccolo, e
più recentemente Piero Chiara e Roberto Gervaso, questo grande seduttore, fu
anche un raffinato letterato e studioso che ci ha lasciato uno dei più preziosi
affreschi del diciottesimo secolo. Le sue Memorie, tradotte in molte
lingue, sono state apprezzate da grandi talenti letterari che ne hanno lodato
soprattutto lo stile semplice e scorrevole, la produzione di getto (Sole in
Ariete) che non per questo si può definire priva di bei passaggi di prosa
colta.
È vero che Casanova ha avuto
altrettanti estimatori che denigratori, ma sostanzialmente è passato alla
storia come un grande. Ecco dal saggio di Gervaso (Rizzoli) una piccola
antologia di critiche velenose.
“Uomini come Casanova - afferma
Molmenti - portavano a spasso per il mondo lo spettacolo della vergogna
italiana, attestando che la vecchia Italia irrideva, vendeva e prostituiva
tutto, gli eroi antichi e i santi nuovi”. E D’Ancona: “Come uomo il
veneziano fu un prodotto indiretto e genuino della putredine sociale propria
all’ultimo periodo di vita della Serenissima”. Più vicino a noi, Jonard lo
condanna come un “falso moralista incartapecorito, un reazionario pieno di
fiele, un seduttore fanfarone, che prostituì la propria penna vendendola
agl’inquisitori”. Bozzòla lo definisce “un nomade dalla mente aperta e
attenta, la cui sola libertà fu quella di vivere a proprio talento, senza
preoccupazioni”. E all’opposto, Piero Chiara che ha curato una bellissima ma
non integrale edizione delle Memorie per la Mondadori, insieme a Federico
Roncoroni: “Tutto ciò che Casanova ottenne dalla vita lo dovette a sé
stesso, alla sua ambizione, alla sua intelligenza, ai suoi studi, al suo
indubbio coraggio, al senso dell’onore, in verità un po’ soggettivo, che
s’era educato nell’animo praticando la nobiltà e costituendosi a modello i
personaggi più spregiudicati e azzardati dell’epoca, dal cardinale di Bernis
al generale Branicki. Il suo nome, come quello di don Giovanni, del dottor Faust,
del marchese de Sade, è uscito dalla storia per entrare nelle moderne
mitologie”.
Leggendo le oltre 2600 pagine di Memorie
lo vediamo impegnato alla spasimo, dall’alto del suo metro e novanta
centimetri, a inventarsi la vita ogni giorno, a speculare, giocare d’azzardo,
anche truffare, commerciare, occuparsi con successo di alta finanza, perdersi
volutamente nell’ottusaggine di una pseudomagia, praticare mille mestieri,
viaggiare più di un suo omologo contemporaneo, essere, in una sola parola,
quello che oggi chiameremmo un “faccendiere”. Ogn’impresa strana o audace
lo stimolava, dalle truffe alla marchesa d’Urfé all’acrobatica deflorazione
di una gobba, dal duello dialettico con Voltaire alla rappresentazione pratica
delle 35 pose amatorie suggerite dall’Aretino.
I suoi valori Pesci furono gli
stravizi che lo accompagnarono per tutta la vita, ma anche le grandi prove: fu
molte volte in miseria e altrettante in carcere. Conobbe dopo quelle dei Piombi
di Venezia, da cui fuggì clamorosamente, contribuendo così a edificare il suo
mito già in vita, le prigioni di mezza Europa.
Ebbe alti e bassi incredibili con il
denaro, per tutta la vita, così come dimostra la sua Luna in Sagittario, nella
seconda Casa, in aspetti dissonanti con Nettuno, Marte e Giove. Con
quest’ultimo, soprattutto, la signora del Cancro costruiva la sua cecità in
campo finanziario: aveva le mani bucate e, nell’arco della sua vita, spese
diversi milioni di franchi. Lasciava mance da impressionare, invitava intere
compagnie di teatro a cena, indennizzava generosamente tutte le sue
“vittime” che rese per la maggior parte ricche e felici “piazzandole”
oculatamente.
Ma le amava? Evidentemente no. Egli
amava soprattutto e unicamente il suo piacere (valori di quinta Casa). La sua
esuberanza fisica lo costringeva a cercarsi continuamente dei “salassi”
sessuali. Ma è evidente che il suo desiderio, prim’ancora di essere fisico,
era mentale. E cosa può esserci in cima alla combinazione di un Sole Ariete
(l’ipermaschio) con un Ascendente Scorpione e con valori Pesci/V Casa? Il
piacere, innanzitutto il piacere, assolutamente il piacere sessuale. Era un
chiodo che aveva nella testa.
Quando vedeva una donna non pensava
che a spogliarla. Era come una malattia.
Pochissime donne gli resistettero;
tra queste la perfida Charpillon ch’egli giunse a minacciare con un coltello
per ottenerne i favori, ma che poi scacciò dalla sua vita, non senza enormi
sofferenze. Si vendicò di lei comprando un pappagallo e insegnandogli a dire,
ogni mattina: “La Charpillon è più p... di sua madre”. Teresa (il finto
castrato Bellino), Paolina ed Enrichetta furono i suoi più grandi amori, ma
forse furono tali solamente perché il destino glieli tolse prima che se ne
stufasse. S’innamorava ogni giorno, ma non si sposò mai, molto in accordo con
i suoi valori Vergine (il Sole in sesta Casa).
Era di bocca buona, prendeva di
tutto: belle, brutte, vecchie, quello che capitava; anche se ebbe sempre una
predilezione per le lolite che collezionò in grande misura (iniziò ai
misteri dell’amore anche bambine di dodici e undici anni).
Nel suo rapporto con la “sublime
pazza” visse un lungo pomeriggio d’amore con questa donna, che era la
marchesa d’Urfé, che a quell’epoca aveva superato i settant’anni di età
e alla quale fece credere, tra l’altro, di averla messa incinta. Secondo
alcuni giunse anche all’incesto e diede un figlio a sua figlia Leonilda. Fu
virile fino in tarda età, anche se dai quarant’anni in poi visse un lungo e
doloroso declino fisico che si concretizzò in molte malattie, tra cui grossi
disturbi alla vista, nell’ultima parte della vita (Sole in sesta Casa).
Era convinto che la fortuna aiutasse
solamente i giovani ed era talmente compenetrato in questa idea che visse
paranoicamente gli ultimi anni della sua esistenza, nell’esilio volontario del
castello di Dux, in Boemia. Qui, in effetti, a parte l’odio ricambiato del
terribile maggiordomo Feltkirchner e del suo amante cocchiere, Casanova venne
trattato molto bene dal conte Giuseppe Carlo di Waldstein che gli affidò una
biblioteca di 40.000 volumi e una buona sistemazione alberghiera che il
veneziano non mancò di apprezzare: “Mangio e bevo come un lupo”, scrisse a
un amico in quel periodo.
Il suo Saturno in terza Casa si
espresse in più modi. Intanto nel pessimo rapporto, traboccante di odio
reciproco, col fratello minore abate. Poi con gli scritti. Se si escludono,
infatti, due libri minori che pubblicò a 27 e a 32 anni (Zoroastro,
tragedia tradotta dal francese, e Camilla Veronese nel Mercure de
France), le opere più importanti sono della maturità. L’Histoire de
ma vie la scrisse dal 1789 fino alla sua morte, che lo colse il 4 giugno 1798,
all’età di settantatré anni. Ma Saturno, relativamente ai suoi scritti, si
è espresso anche nel fatto che le sue memorie devono considerarsi, sotto certi
aspetti, abortite, nel senso ch’egli le interruppe - come racconto - alla
vigilia del suo rientro a Venezia (14 settembre 1774), dopo circa diciannove
anni di esilio (la sua fuga dai Piombi era avvenuta il 1° novembre 1756).
Varie, su questo punto, le tesi dei
casanovisti che polemizzano, gli uni sostenendo ch’egli le abbia volutamente
troncante alla soglia dei cinquant’anni e gli altri che, invece, esse
nascondono dei misteri e siano state fatte sparire in qualche modo.
Questo stesso Saturno lo continua a
perseguitare anche dopo la morte e gli fa censurare le Memorie. Ecco le
due versioni di uno stesso passo, prima nell’edizione più diffusa oggi in
Italia e poi nell’edizione integrale di Dall’Oglio che però fu stampata in
soli 3.195 esemplari nel 1946.
1) “L’ultima notte che passai
per intero col mio angelo fu tristissima. Certo, se l’amore di tanto in tanto
non fosse venuto a soccorrerci, saremmo morti di dolore. Quando apparimmo in
famiglia...”.
2) “L’ultima notte, che
passai intera, con la mia deliziosa contessa, fu molto triste; saremmo morti di
dolore, senza le voluttà dell’amore che ci consolarono. Nessuna notte venne
mai impiegata meglio di quella! Le lacrime del dolore e quelle dell’amore si
alternarono senza interruzione, e io rinnovai nove volte il sacrificio
sull’altare del dio che ravvivava le mie forze ogni volta che il piacere le
esauriva. Sangue e pianto bagnavano il santuario, tanto il sacrificatore quanto
la vittima erano spossati, eppure i desideri dicevano: “Ancora!”. Dovemmo
staccarci, imponendoci uno sforzo tanto penoso quanto era stata dolce la nostra
unione di otto ore... Quando comparimmo insieme nella sala da pranzo...” (oper.
cit., vol. II, pag. 438).
Si è detto molto e molto
erroneamente dei suoi presunti rapporti con l’astrologia. In effetti si
trattava di un miscuglio di astrologia esoterica frammista alla magia e alla
millanteria fraudolenta con cui il nostro truffò la marchesa d’Urfé e molte
altre persone. Egli, però, leggeva molto e aveva una vasta cultura che gli
permise di cogliere, sul sentiero della sua vita avventurosa, anche la pagliuzza
d’oro in mezzo alla ferraglia e, lasciando perdere la data della sua fuga dai
Piombi, ch’egli scelse cabalisticamente, è interessantissimo notare quanto
scrive a proposito della data del compleanno. “...Osservai che era il 2 aprile
1744, anniversario della mia nascita, una data che per dieci volte nella mia
vita ha coinciso con un avvenimento degno di nota”(Casanova, Memorie
scritte da lui medesimo - Garzanti, pag. 244).
Da qualunque punto di vista lo si
guardi egli è un personaggio da approfondire, molto. Intorno a lui crescono e
si sviluppano le polemiche. Una potrebbe esserci nei confronti del Casanova
televisivo di Comencini in cui il nostro eroe appare nei panni di un giovanotto
timido e bassino e il racconto propone la versione di un abate divenuto
libertino per le circostanze della vita e non soprattutto per l’imprinting
astrale e genetico ricevuto alla nascita.
Ma l’oroscopo, e il suo DNA, sono
lì che gridano. E poi, in ultimo, lui stesso, ha detto: “Io arrossisco solo
di non poter arrossire”.
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